Dear Diary, this is my quarantine
2020
ITA - Un viaggio alla scoperta di un ambiente che fa parte del mio vissuto quotidiano, ma è tanto quotidiano quanto al tempo stesso a me sconosciuta: casa. Casa mia non è molto grande: un piccolo ma accogliente appartamento della periferia romana che dà su un piccolo cortile condiviso con un altro palazzo gemello, è così vicino da potersi avventurare facilmente con l’immaginazione all’interno di quelle finestrelle come le mie.
Così ho deciso di sfruttare a pieno questa quarantena per conoscere ed approfondire una calda entità che ogni giorno entra indisturbata velandosi tra le sottili tende un pò malconce della mia dimora. A volte sembra addirittura chiedermi il permesso di entrare bussando alle ermetiche tapparelle facendosi poi spazio tra i fori, sarà forse perché ha voglia di dirmi qualcosa d’importante e di svelarsi a me nella sua forma così intangibile, essenziale, pura… adesso sa di trovarmi, non vado via perché devo restare a casa. Un incontro, il nostro, che avviene il più delle volte in modo fugace, apparentemente del tutto inaspettato, nessun appunto sulla mia agenda che me lo anticipi, che mi ricordi di lei.
Eppure è lì ad aspettarmi sulla sedia, su uno spigolo del tavolo da pranzo, poggiata sui cuscini del divano, con le braccia conserte sul davanzale… Non è invadente anche se mi spia giusto un per un po prima che mi svegli, ma lei è distratta si fa notare. La vedo con la coda dell’occhio che si districa su quelle quadrate mattonelle di ceramica bianche che prima non erano mai state così belle e così diverse l’una dall’altra, e così a quel punto è come se mi dicesse “…apri? son qui”.
Io apro le finestre e mi abbraccia, mi racconta un’infinità di cose che non faccio a tempo a controllare il caffè che si è già bruciato… non fa nulla posso rifarlo, ma lei almeno è qui: è Luce.
ENG - A journey to discover an environment that is part of my daily life, but at the same time also a little unknown: home. My house is not very large: a small cozy apartment on the outskirts of Rome that overlooks a small courtyard shared with another twin palace. It is so close that you can easily venture with your imagination inside those windows like mine.
I decided to take full advantage of this quarantine to get to know and deepen the awareness of a warm entity that enters undisturbed every day, veiling itself between the thin, slightly battered curtains of my home. Sometimes it even seems to ask me for permission to enter, by knocking on the hermetic shutters and then making space between the holes, maybe because it wants to tell me something important and to reveal itself with intangible, essential, pure forms. Now it finds me, and I don’t go away because I have to stay home.
Ours is a meeting that often takes place in a fleeting way, apparently completely unexpected, no note on my agenda that anticipates it to me, or that reminds me of it. Despite this, it’s waiting for me on the chair, on the edge of the dining table, resting on the sofa cushions, with its arms folded on the windowsill. It’s not intrusive even though it spies me just for a while before I wake up, but it’s distracted it stands out. I see it out of the corner of her eye unraveling on those square white ceramic tiles that before had never been so beautiful and so different from each other, and so at that point it is as if it was saying “Can you open me, I’m here”.
I open the windows and it embraces me; it tells me an infinite number of stuff that, in a matter of fractions of second, it has already burned; but it doesn’t matter I can do it again, but at least it’s here. It is the Light.